lunedì 24 febbraio 2014

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mercoledì 12 febbraio 2014

La Iuc è già un rebus: ora spunta l'ipotesi della autoliquidazione


Comincia a sgretolarsi l'idea che i contribuenti siano "salvati" dalla girandola di regole e scadenze della Iuc 2014 grazie all'invio dei bollettini pre-compilati da parte dei Comuni. Un duro colpo a questa ipotesi arriva dalla bozza di decreto preparata da ministero dell'Economia e agenzia delle Entrate per regolare il bollettino postale da utilizzare nei versamenti della nuova imposta che raccoglie sotto un cappello unico l'Imu, la Tari (la nuova sigla del tributo sui rifiuti) e la Tasi (il nuovo tributo sui servizi locali «indivisibili», dall'illuminazione pubblica alla manutenzione delle strade).Nel decreto elaborato dai tecnici del Governo spunta una parola magica: «può». Più precisamente, il testo spiega che «il Comune può richiedere a Poste italiane l'integrazione dei bollettini prestampando l'importo del tributo». Quella che si prospetta, insomma, è un'opzione per il Comune, che di conseguenza potrebbe scegliere di pre-compilare il bollettino con gli importi chiesti ai cittadini ma potrebbe anche preferire la strada, assai più semplice, della classica autoliquidazione, che lascia ai contribuenti il compito di calcolarsi l'imposta sulla base di aliquote e parametri decisi nelle delibere locali. Vanificato l'obbligo di pre-compilazione per il bollettino postale, si avrebbe naturalmente un effetto domino anche per l'F24, che rappresenta l'altro strumento di pagamento dell'imposta.In questo senso, il decreto attuativo sembra parlare una lingua diversa rispetto alla legge di stabilità (comma 689), che chiedeva al decreto attuativo di stabilire le modalità di versamento «assicurando in ogni caso la massima semplificazione degli adempimenti e prevedendo, in particolare, l'invio di modelli di pagamento preventivamente compilati da parte degli enti impositori». In questa frase non sembra esserci troppo spazio per una libertà di scelta che invece il provvedimento di attuazione riconosce a chiare lettere.Il problema non è secondario, perché ad oggi solo una componente della Iuc, cioè l'Iu, ha regole abbastanza stabili e date certe di versamento, il 16 giugno per l'acconto e il 16 dicembre per il saldo. Per la Tasi, invece, i parametri sono tutti da costruire, e le scadenze sono lasciate alla piena libertà dei Comuni, che possono fissarne numero e date in modo autonomo e «anche differenziato con riferimento alla Tari e alla Tasi». L'unica indicazione data dalla legge di stabilità è di prevedere «almeno due rate a scadenza semestrale» (comma 688), lasciando in ogni caso la possibilità di pagare tutto in soluzione unica al 16 giugno. In questo modo, la Iuc potrebbe di norma prevedere 6 appuntamenti all'anno (due per l'Imu, due per la Tasi e due per la Tari), in date diverse da Comune a Comune.In un quadro così complicato, l'invio del bollettino precompilato rappresenterebbe un robusto salvagente per contribuenti altrimenti costretti a orientarsi in un groviglio di regole e scadenze, ma ha un problema. In molti casi, per i Comuni sarebbe impossibile graduare il tributo e stabilirne preventivamente l'importo senza l'aiuto del contribuente. La Tasi, prima di tutto, è pagata sia dai proprietari sia dagli inquilini, e di conseguenza per individuarne la platea il Comune dovrebbe integrare le banche dati dell'Imu (proprietari) con quelle della Tarsu/Tares (inquilini), operazione spesso impossibile (almeno a breve) nei tanti casi in cui la riscossione del tributo sui rifiuti è esternalizzata. Non solo: spesso i database della Tarsu/Tares non riportano gli identificativi catastali degli immobili, al punto che ancora il prelievo è parametrato all'80% della superficie catastale.La Tasi, poi, presenta una grande autonomia anche nella definizione delle detrazioni, che potrebbero facilitare le famiglie con più figli a carico o con un reddito, o un indicatore Isee, sotto un dato livello, tutte informazioni di cui il Comune non ha immediata disponibilità. Ancora più complicata sarebbe la situazione delle nuove situazioni da dichiarare, perché i contribuenti sono tenuti agli obblighi dichiarativi entro il 30 giugno dell'anno successivo, rendendo quindi impossibile al Comune la conoscenza immediata della situazione..

Pioggia di ricorsi dopo la revisione delle rendite catastali nelle «microzone». A partire da Roma

Il caos non nasce dal nulla. All'origine della marea di ricorsi presentati in queste settimane a centinaia di professionisti dell'area capitolina c'è l'esito di una precisa strategia del comune, che ha scelto di rivolgersi all'Agenzia del territorio (ora inglobata dall'Agenzia delle entrate) per una revisione totale delle rendite catastali.

La norma di riferimento - A permettere un'azione così radicale è l'articolo 1, comma 335, della legge 311/2005. Premesso che il territorio di ciascun Comune era stato a suo tempo suddiviso in "microzone" (settori omogenei per tipologia di edifici, epoca di costruzione e aspetti socio economici) e che alcune hanno subito un incremento di mercato maggiore rispetto a tutte le altre, la norma rende possibile procedere alla revisione "massiva" dei classamenti a livello di microzona, con incremento delle rendite e del gettito Ici e Irpef.
La norma prevede una revisione "parziale" del classamento e può anche essere rivolta solo ad alcune tipologie (ad esempio solo per le abitazioni o per i negozi o per gli uffici). Nelle grandi città le microzone sono anche centinaia, mentre nei piccoli comuni sono solo poche unità: ma per avviare l'operazione ne occorrono però almeno tre. Migliaia di comuni italiani sono quindi esclusi.

Per ciascuna microzona esistente i comuni dovranno fare il rapporto fra il valore medio corrente di mercato, nel secondo semestre del 2004, per le categorie individuate e il valore medio catastale, calcolato ai fini Ici, ricavato dalle tariffe d'estimo vigenti. Se alcune microzone presenteranno un rapporto di incremento maggiore del 35% rispetto alla media di tutte le altre, si potrà richiedere la revisione, per le tipologie considerate.
Le revisioni delle zone - La prima esperienza robusta è toccata al comune di Milano, dove gli scostamenti risultavano tra loro abbastanza omogenei, nelle zone semicentrali e periferiche, mentre in alcune zone centrali, è scattato il fatidico 35%, specie per le categorie commerciali. Lo stesso poteva dirsi di Roma (che era stata l'ultima ad avviare la procedura).

In ogni caso circa 75 comuni, dal 2006 in poi, si erano fatti avanti ma solo 17 hanno avviato davvero la procedura del riclassamento per microzone. E Roma è stato l'ultimo a completarla, lo scorso ottobre.

Da notare che queste revisioni "massive" sono possibili solo dove ci sono almento tre microzone, quindi sfuggono tutti i piccoli comuni turistici di grande pregio, come quelli delle Cinque Terre, Ravello o Cortina d'Ampezzo.

Numerosi, invece, i comuni che hanno seguito un'altra strada, quella del comma 336 della stessa legge: qui i municipi, circa 1.100 su 8mila, hanno chiesto conto ai cittadini delle differenze fra le risultanza catastali e la situazione di fatto dell'immobile, come documentata dalle domande di variazione edilizia in genere consegueti a lavori di ristrutturazione.

Ai molti che si erano dimenticati di denunciare anche al Catasto la variazione è già arrivata la richiesta del comune. E potrebbe infatti riaprirsi la possibilità, oltre che per l'Ici, anche per l'agenzia delle Entrate di chiedere l'eventuale Irepf arretrata di cinque anni fin dal momento in cui avrebbero dovuto fare la denuncia.

La partita dei ricorsi - In ogni caso, ora si gioca la partita dei ricorsi: a Milano non hanno avuto molto successo ma a Roma la partita è tutta da giocare. Una volta completata l'operazione di riclassamento, le unità immobiliari sottoposte a revisione si sono trovate iscritte rendite che, nel migliore dei casi, sono superiori del 35-40% a quella precedente, con analogo incremento delle imposte sui fabbricati a esse legate: Ici in primo luogo, ma anche Irpef, Ires, imposte indirette di registro, ipotecarie e catastali nei trasferimenti, imposte sulle plusvalenze per cessioni realizzate nel quinquennio da privati o nel tempo dalle società.

Il mezzo più diretto per reagire è quello di impugnare l'avviso di classamento presentando ricorso all'ufficio provinciale dell'Agenzia delle entrate.
I soggetti idonei a svolgere il ruolo di difensore sono: avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali e per le materie catastali, ingegneri, architetti, geometri, periti edili, dottori agronomi e periti agrari.
Per limitare le spese di difesa, i contribuenti potrebbero associarsi ad altri condomini, nominando un solo difensore, ovvero appoggiarsi alle associazioni fra proprietari di casa, che sono numerose

Fonte il sole 24 ore