L’aumento delle tasse sulla casa non si ripercuote sul
livello degli affitti, che anzi hanno registrato una flessione nell’ultimo
anno. La pressione fiscale colpisce quindi (almeno per ora) solo i proprietari
e di conseguenza i rendimenti – già in discesa a causa del calo dei prezzi – si
abbassano. E di molto, con il Fisco che in alcuni casi, complici le distorsioni
introdotte dalle differenze catastali sul territorio, arriva a “mangiare” il
60% delle locazioni. Uno scenario che addirittura peggiora se invece della
cedolare secca si applica il regime Irpef (vedi Il Sole 24 Ore di martedì 8
gennaio).
Non si può però generalizzare, perché in altri casi la
combinazione di canoni, aliquote Imu e rendite attesta il prelievo con la tassa
piatta al 30 per cento.
Partendo dal rendimento lordo potenziale annuo delle
abitazioni usate di Nomisma (4,8%) si può comunque stimare che, in media, tra
tasse e spese straordinarie la casa frutti annualmente tra il 2 e il 3,5% netto
del suo valore. Senza considerare il peso di eventuali periodi in cui non si
ricevono canoni (ma, in attesa dello sfratto, le tasse si devono pagare). E un
contesto di aspettative ribassiste sui prezzi, con l’ultima rilevazione Istat
diffusa venerdì che registra, nel terzo trimestre 2012, un -5,4% delle quotazioni
dell’usato su base annua.
Difficile dire cosa succederà sul mercato delle
locazioni, che comunque risulta molto più vivace rispetto a quello delle
compravendite, anche a causa della frenata di queste e della stretta
all’accesso ai mutui. Secondo gli ultimi dati Nomisma disponibili, a novembre
il calo medio dei canoni è stato del 3% su base annua. Poche le differenze
territoriali, anche se nelle grandi città (Roma a parte) la flessione è in genere
maggiore rispetto ai centri intermedi. Fa eccezione Bari, che guida la classifica dei ribassi con
un calo medio del 5,3% (vedi grafico in alto).
«Per ora – conferma Luca Dondi,
responsabile real estate di Nomisma – l’aumento dall’Ici all’Imu sembra essere
stato assorbito dai proprietari, anche se non sappiamo se i canoni sarebbero
scesi di più con un altro livello impositivo. Del resto tra crisi economica,
rischio insolvenza degli inquilini e molta offerta sul mercato, diventa
difficile chiedere di più. Bisogna però tenere conto di un periodo di latenza:
i cambiamenti fiscali e di mercato hanno bisogno di tempo per trasferirsi sugli
affitti».
Da un lato, infatti, il peso dell’Imu è stato percepito
pienamente dai proprietari solo nel momento del saldo della seconda rata a
dicembre (anche a causa dell’aumento delle aliquote deciso solo in autunno dai
Comuni); dall’altro, bisogna attendere la data di scadenza dei contratti per
capire le richieste che arriveranno sui rinnovi.
«L’effetto Imu non è ancora
ben valutabile, ma la paura c’è – fa notare Daniele Barbieri, segretario
nazionale del sindacato inquilini del Sunia –: ci stanno arrivando segnalazioni
di possibili richieste di aumento e anche i grandi proprietari istituzionali
(soprattutto banche, ndr) ci hanno fatto già capire che nei prossimi rinnovi,
causa Imu, non basterà l’adeguamento Istat. Anche ammettendo una riduzione del
3% dei canoni, per una famiglia cambia poco pagare 1.000 o 970 euro: il rischio
insolvenza resta elevato, con gli sfratti per morosità che sono l’87% del
totale, mentre negli anni 80 erano il 3-4%».
«Molti tra i nostri associati –
dice Giorgio Spaziani Testa, segretario generale di Confedilizia – non trovano
più convienienza all’affitto e in particolare non funzionano più i
canoni concoradati. Ma anche per vendere è un momento difficile e questo
ingessa il mercato. Bisognerebbe cambiare tutto il sistema di tassazione degli
immobili, oramai insostenibile, dall’Imu all’Irpef. La cedolare ha avuto un
inizio difficile, va resa più semplice: meno dichiarazioni, una rata unica al
posto di acconto e saldo, e andrebbe anche inserita la possibilità di adeguare
il canone all’inflazione».
Un effetto Imu più netto c’è stato invece, secondo Solo
Affitti, sull’aumento dell’offerta di case-vacanza: i proprietari hanno ridotto
il periodo in cui le tengono a loro disposizione per rientrare dalle spese
elevate. «Dall’indagine che abbiamo condotto dopo l’introduzione dell’Imu è
emerso che solo in un caso su dieci c’era l’intenzione di chiedere un aumento –
racconta Isabella Tulipano, responsabile marketing Solo Affitti – ma non abbiamo
ancora sondato gli effetti del saldo di dicembre. La percezione è che, per
quanto giustamente ci si lamenti dell’eccessivo carico fiscale, in questo
momento è difficile chiedere canoni più elevati».
Fonte :MIo affitto
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