lunedì 18 febbraio 2013

Canoni in discesa e tasse elevate: rendimenti bassi


L’aumento delle tasse sulla casa non si ripercuote sul livello degli affitti, che anzi hanno registrato una flessione nell’ultimo anno. La pressione fiscale colpisce quindi (almeno per ora) solo i proprietari e di conseguenza i rendimenti – già in discesa a causa del calo dei prezzi – si abbassano. E di molto, con il Fisco che in alcuni casi, complici le distorsioni introdotte dalle differenze catastali sul territorio, arriva a “mangiare” il 60% delle locazioni. Uno scenario che addirittura peggiora se invece della cedolare secca si applica il regime Irpef (vedi Il Sole 24 Ore di martedì 8 gennaio).
Non si può però generalizzare, perché in altri casi la combinazione di canoni, aliquote Imu e rendite attesta il prelievo con la tassa piatta al 30 per cento.
Partendo dal rendimento lordo potenziale annuo delle abitazioni usate di Nomisma (4,8%) si può comunque stimare che, in media, tra tasse e spese straordinarie la casa frutti annualmente tra il 2 e il 3,5% netto del suo valore. Senza considerare il peso di eventuali periodi in cui non si ricevono canoni (ma, in attesa dello sfratto, le tasse si devono pagare). E un contesto di aspettative ribassiste sui prezzi, con l’ultima rilevazione Istat diffusa venerdì che registra, nel terzo trimestre 2012, un -5,4% delle quotazioni dell’usato su base annua.
Difficile dire cosa succederà sul mercato delle locazioni, che comunque risulta molto più vivace rispetto a quello delle compravendite, anche a causa della frenata di queste e della stretta all’accesso ai mutui. Secondo gli ultimi dati Nomisma disponibili, a novembre il calo medio dei canoni è stato del 3% su base annua. Poche le differenze territoriali, anche se nelle grandi città (Roma a parte) la flessione è in genere maggiore rispetto ai centri intermedi. Fa eccezione Bari, che guida la classifica dei ribassi con un calo medio del 5,3% (vedi grafico in alto).
«Per ora – conferma Luca Dondi, responsabile real estate di Nomisma – l’aumento dall’Ici all’Imu sembra essere stato assorbito dai proprietari, anche se non sappiamo se i canoni sarebbero scesi di più con un altro livello impositivo. Del resto tra crisi economica, rischio insolvenza degli inquilini e molta offerta sul mercato, diventa difficile chiedere di più. Bisogna però tenere conto di un periodo di latenza: i cambiamenti fiscali e di mercato hanno bisogno di tempo per trasferirsi sugli affitti».
Da un lato, infatti, il peso dell’Imu è stato percepito pienamente dai proprietari solo nel momento del saldo della seconda rata a dicembre (anche a causa dell’aumento delle aliquote deciso solo in autunno dai Comuni); dall’altro, bisogna attendere la data di scadenza dei contratti per capire le richieste che arriveranno sui rinnovi.
«L’effetto Imu non è ancora ben valutabile, ma la paura c’è – fa notare Daniele Barbieri, segretario nazionale del sindacato inquilini del Sunia –: ci stanno arrivando segnalazioni di possibili richieste di aumento e anche i grandi proprietari istituzionali (soprattutto banche, ndr) ci hanno fatto già capire che nei prossimi rinnovi, causa Imu, non basterà l’adeguamento Istat. Anche ammettendo una riduzione del 3% dei canoni, per una famiglia cambia poco pagare 1.000 o 970 euro: il rischio insolvenza resta elevato, con gli sfratti per morosità che sono l’87% del totale, mentre negli anni 80 erano il 3-4%».
«Molti tra i nostri associati – dice Giorgio Spaziani Testa, segretario generale di Confedilizia – non trovano più convienienza all’affitto e in particolare non funzionano più i canoni concoradati. Ma anche per vendere è un momento difficile e questo ingessa il mercato. Bisognerebbe cambiare tutto il sistema di tassazione degli immobili, oramai insostenibile, dall’Imu all’Irpef. La cedolare ha avuto un inizio difficile, va resa più semplice: meno dichiarazioni, una rata unica al posto di acconto e saldo, e andrebbe anche inserita la possibilità di adeguare il canone all’inflazione».
Un effetto Imu più netto c’è stato invece, secondo Solo Affitti, sull’aumento dell’offerta di case-vacanza: i proprietari hanno ridotto il periodo in cui le tengono a loro disposizione per rientrare dalle spese elevate. «Dall’indagine che abbiamo condotto dopo l’introduzione dell’Imu è emerso che solo in un caso su dieci c’era l’intenzione di chiedere un aumento – racconta Isabella Tulipano, responsabile marketing Solo Affitti – ma non abbiamo ancora sondato gli effetti del saldo di dicembre. La percezione è che, per quanto giustamente ci si lamenti dell’eccessivo carico fiscale, in questo momento è difficile chiedere canoni più elevati».
Fonte :MIo affitto

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