La riforma delle locazioni abitative
Premessa
La legge 431 del 9 dicembre 1998 ha avviato una
riforma organica del settore delle locazioni degli immobili destinati a uso
abitativo, che ha l’obiettivo di incoraggiare le locazioni di appartamenti.
La
legge articolo per articolo
Art. 1, ambito di applicazione – Questo articolo indica a
quali tipi di contratto di locazione di immobili a uso abitativo si applicano
le norme contenute nella legge di riforma e a quali, invece, non si applicano
(contratti relativi a immobili vincolati ai sensi della legge 1089 del 1°
giugno 1939, oppure inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9; agli
alloggi di edilizia residenziale pubblica, agli alloggi locati esclusivamente
per finalità turistiche; ai contratti stipulati dagli enti locali in qualità di
conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio).
Inoltre, si prevede l’obbligo della forma scritta per la validità della stipula
dei contratti di locazione.
Art. 2, modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di
locazione – Questo articolo indica quali sono le nuove modalità per stipulare i
contratti di locazione. Cessano di avere efficacia le norme sull’equo canone e
i “patti in deroga” e vengono previsti due regimi alternativi.
1. contratti riguardo ai quali le parti sono libere di
decidere tutti gli elementi a esclusione soltanto della durata che resta
fissata in quattro anni (con rinnovo per altri quattro);
2. contratti riguardo ai quali le parti possono
determinare una durata minore (3 anni con rinnovo per altri 2 alla scadenza),
facendo riferimento però, per tutto il resto, ad appositi accordi definiti
dalle associazioni dei proprietari e dalle associazioni dei conduttori. Per
spingere i proprietari a stipulare questo secondo tipo di contratti, per i
quali a fronte del vantaggio rappresentato dalla durata inferiore vi sarà lo
svantaggio di un canone più basso rispetto a quello di mercato, sono previsti
incentivi di carattere fiscale.
Art. 3, disdetta del contratto da parte del locatore –
Alla prima scadenza di contratti disciplinati dall’art. 2, comma 1, e di quelli
disciplinati dall’art. 2, comma 3, il locatore può avvalersi della facoltà di
diniego del rinnovo del contratto ma soltanto in alcuni casi espressamente
indicati (quando il locatore intende adibire l’immobile ai seguenti usi o
effettuare sullo stesso le seguenti opere: uso abitativo o commerciale o
artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei
parenti; finalità pubbliche, sociali, mutualistiche e simili, perseguite dal
locatore persona giuridica, società o ente pubblico; disponibilità di altro alloggio
libero nel medesimo comune da parte del conduttore; quando l’immobile si trova
in un edificio gravemente danneggiato che deve essere ricostruito; quando lo
stabile deve essere integralmente ristrutturato o radicalmente trasformato
oppure si vogliono costruire sopraelevazioni; se il conduttore non occupa
l’immobile in modo continuativo; in caso di vendita dell’immobile locato a
terzi). Il locatore deve dare comunicazione della disdetta al conduttore con
preavviso di almeno sei mesi. Qualora ricorrano gravi motivi, il conduttore può
invece dare la disdetta in qualsiasi momento, dandone la comunicazione al
locatore con preavviso di sei mesi. Il locatore, nei casi in cui abbia
riacquistato la disponibilità dell’alloggio mediante l’esercizio illegittimo della
facoltà di disdetta, è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da
determinare in misura non inferiore a 36 mensilità dell’ultimo canone
percepito. Nel caso in cui, invece, il locatore abbia riacquistato la
disponibilità dell’alloggio e non lo adibisca, entro 12 mesi, agli usi per i
quali ha esercitato la disdetta, il conduttore ha diritto, in alternativa, al
ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni oppure al
risarcimento (in misura non inferiore a 36 mensilità dell’ultimo canone
percepito).
Art. 4, convenzione nazionale – Per favorire la
realizzazione di accordi fra proprietari e conduttori deve essere convocata dal
Ministro dei lavori pubblici una convenzione nazionale delle organizzazioni
della proprietà edilizia e di quelle dei conduttori maggiormente
rappresentative. Nel caso in cui manchi l’accordo delle parti, provvede il
Ministro dei lavori pubblici di concerto con il Ministro delle finanze.
Art. 5, contratti di locazione di natura transitoria – Con
decreto attuativo del Ministro dei lavori pubblici di concerto con il Ministro
delle finanze si stabiliscono anche le condizioni e le modalità per la stipula
dei contratti di locazione di natura transitoria. Per quanto riguarda i
contratti relativi alle esigenze abitative degli studenti universitari è
possibile fare riferimento ad appositi contratti–tipo, definiti da accordi
locali promossi dai comuni sede di università o corsi universitari.
Art. 6, rilascio degli immobili – Per i comuni ad alta
densità abitativa le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita
locazione sono sospese per 180 giorni a decorrere dalla data di entrata in
vigore della legge di riforma. In questo periodo le parti possono avviare
trattative per la stipula di un nuovo contratto secondo le modalità previste
dalla legge di riforma. Trascorso tale termine, in mancanza di accordo fra le
parti, i conduttori interessati possono chiedere al pretore che venga fissato
nuovamente il giorno dell’esecuzione. Il decreto del pretore è impugnabile davanti
al tribunale. Per quanto riguarda i provvedimenti esecutivi di rilascio per
finita locazione emessi dopo l’entrata in vigore ella legge di riforma, il
conduttore può chiedere soltanto una volta al pretore che venga nuovamente
fissato il giorno dell’esecuzione entro un termine di sei mesi. Anche in questo
caso il decreto del pretore è impugnabile davanti al tribunale. Il differimento
delle esecuzioni può raggiungere i 18 mesi in casi particolari (qualora il
conduttore sia persona anziana, abbia molti figli, sia disoccupato, sia
portatore di handicap, sia a sua volta proprietario di un alloggio per il quale
abbia iniziato azione di rilascio e altri ancora). Durante i periodi di
sospensione delle esecuzioni i conduttori sono tenuti a corrispondere una somma
mensile pari all’ultimo canone, al quale ogni anno si applicano automaticamente
aggiornamenti in misura pari al 75% dell’indice ISTAT; su tale importo si
applica, inoltre, una maggiorazione del 20%. Inoltre sono dovuti gli oneri
accessori. Il pagamento di questa soma esime il conduttore dall’obbligo di
risarcire il maggior danno.
Art. 7, condizioni per la messa in esecuzione del
provvedimento di rilascio dell’immobile – per la messa in esecuzione del
provvedimento di rilascio dell’immobile bisogna dimostrare che il contratto di
locazione è stato registrato, che l’immobile è stato denunciato ai fini
dell’applicazione dell’ICI e che il reddito derivante dall’immobile è stato
dichiarato ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi. La
dimostrazione deve essere data al momento del precetto.
Art. 8, agevolazioni fiscali – Sono previste varie
agevolazioni di carattere fiscale per il proprietario che loca il proprio
immobile (riduzione del 30% del reddito imponibile e calcolo dell’imposta di
registro su base ridotta per i contratti stipulati sulla base degli accordi fra
le associazioni). Inoltre, i canoni non percepiti non concorrono a formare la
base imponibile per il pagamento delle imposte.
Art. 9, disposizioni per i fondi per la previdenza
complementare – I fondi per la previdenza complementare, che detengono
direttamente beni immobili, possono optare per la libera determinazione dei
canoni di locazione oppure per l’applicazione dei contratti stipulati sulla
base degli accordi fra le associazioni dei conduttori e dei locatori.
Art. 10, ulteriori agevolazioni fiscali – Si prevede la
predisposizione di agevolazioni fiscali (mediante il collegato alla prossima
manovra finanziaria) anche a favore dei conduttori meno abbienti.
Art. 11, fondo nazionale – Viene istituito un fondo che ha
il compito di erogare contributi a favore dei conduttori meno abbienti. I fondi
possono essere utilizzati per concedere direttamente ai privati contributi
integrativi per provvedere al pagamento dei canoni di locazione oppure per sostenere
le iniziative intraprese dagli enti locali per il reperimento di alloggi da
dare in locazione.
Art. 12, osservatorio della condizione abitativa – Viene
costituito un osservatorio della condizione abitativa per tenere sotto
controllo la situazione abitativa.
Art. 13, patti contrari alla legge – Viene sancita la
nullità di ogni pattuizione con cui si determina un canone di importo superiore
a quello risultante dal contratto. In tal caso il conduttore, entro 6 mesi
dalla riconsegna dell’immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme
corrisposte in misura superiore. Viene sancita, inoltre, la nullità di ogni
pattuizione con cui si deroga ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla
legge di riforma. Viene sancita ancora, per i contratti stipulati sulla base
degli accordi raggiunti dalle associazioni dei proprietari e dei conduttori, la
nullità di ogni pattuizione con cui si attribuisce al locatore un canone
superiore a quello massimo definito da tali accordi e, per i contratti
stipulati con il solo limite della durata di 4 anni (con rinnovo per altri 4),
la nullità di ogni pattuizione con cui, in contrasto con le previsioni della
legge di riforma, viene imposto al conduttore qualsiasi obbligo oppure viene
riconosciuto al locatore qualsiasi vantaggio economico o normativo diretti ad
attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito.
Il conduttore può agire per ottenere la restituzione delle somme indebitamente
versate, entro 6 mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, oppure la
riconduzione alle condizioni previste dalla legge del contratto.
Art. 14, disposizioni transitorie e abrogazione di norme –
Viene abrogata la disciplina sui patti in deroga del 1978 e la maggior parte
delle disposizioni contenute nella legge 392/1978 in relazione ai contratti di
locazione di immobili a uso abitativo. Si precisa, inoltre, che ai contratti
per la loro intera durata e ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore
legge di riforma continuano ad applicarsi a ogni effetto le disposizioni
normative in materia di locazioni vigenti prima di tale data.
Art. 15, copertura finanziaria – Vengono indicate le
regole per la copertura finanziaria nel bilancio statale.
Le novità della legge di riforma
Preannunciata fin dal 1992 (al momento dell’emanazione
della disciplina sui patti in deroga), la legge di riforma sui contratti
relativi alle locazioni abitative contiene numerose novità. Anche se la riforma
è organica e riguarda l’intera materia delle locazioni abitative, non sono
pochi i suoi aspetti problematici.
Entrata in vigore
Ad essa si applica la vacatio legis ordinaria. Per
precisione essa è entrata in vigore il 30.12.1998.
La liberalizzazione dei contratti
Va messo in evidenza che la nuova legge realizza una
liberalizzazione del settore delle locazioni solo parziale. Contemperando gli
interessi in gioco, il legislatore ha sostituito il regime precedente con una
disciplina che continua a tutelare maggiormente la posizione del conduttore
rispetto a quella del locatore, pur attribuendo a quest’ultimo notevoli
possibilità che prima erano del tutto escluse. L’autonomia contrattuale delle
parti appare, poi, ulteriormente compressa dal rafforzato ruolo che viene
attribuito alle associazioni dei proprietari e a quelle dei conduttori, almeno con
riguardo ai contratti con canone “calmierato”. Nonostante le apparenze, a
rigore, non si può parlare di effettiva liberalizzazione neppure per quanto
riguarda i contratti, stipulati dalle parti concordando liberamente la misura
del canone; infatti, anche per tali accordi l’altro elemento fondamentale del
contratto (la durata) viene predeterminato per legge e non può essere
modificato, restando quindi fissato sempre in 4 anni (con rinnovo, alla
scadenza, per altri 4). Un secondo tipo di contratti prevede invece una durata
più breve (3 anni con rinnovo per altri 2), ma un canone “calmierato”,
determinato secondo criteri stabiliti da accordi territoriali raggiunti fra le
associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello locale. La
liberalizzazione integrale (in relazione sia al canone sia alla durata),
invece, riguarda effettivamente gli immobili di lusso, le ville e i castelli e
gli immobili di interesse artistico e culturale, oltre che le case per la
villeggiatura, come stabilisce l’art. 1 della legge di riforma.
L'oggetto della legge di riforma
La legge di riforma non si riferisce a tutti i contratti
di locazione di immobili urbani (sia quelli adibiti ad uso abitativo sia quelli
adibiti a uso non abitativo) come aveva fatto la legge 392 del 27 luglio 1978,
ma soltanto a quelli relativi agli immobili per uso di abitazione. Restano,
quindi, esclusi dalla nuova disciplina tutti i contratti stipulati per la
locazione di immobili adibiti a uso non abitativo, per i quali continuano a
trovare applicazione le disposizioni precedenti contenute nella legge 392/1978
(artt. 27 e segg.). La chiara intitolazione della legge di riforma (che fa
riferimento alle locazioni e al rilascio degli immobili adibiti a uso
abitativo) esclude qualsiasi dubbio e tronca sul nascere anche gli eventuali
dubbi sull’applicabilità delle nuove norme anche all’uso non abitativo,
evitando così un problema che aveva caratterizzato la precedente riforma delle
locazioni di immobili attuata con la legge sui patti in deroga.
Locazioni abitative soggette alla legge
La legge di riforma non si riferisce a tutte le locazioni
abitative. Ai sensi dell’art. 1, comma 2, restano esclusi dall’ambito di
applicazione degli artt. 2, 3, 4, 7, 8 e 13 della legge di riforma (per quanto
riguarda le modalità di stipula e di rinnovo dei contratti, la disdetta del
locatore, i contratti-tipo, le condizioni per l’esecuzione del provvedimento
del rilascio dell’immobile, le agevolazioni fiscali e i patti contrari alla
legge), i contratti di locazione che riguardano:
(a) gli immobili vincolati ai
sensi della legge 1089 del 1° giugno 1939 (la legge sulla tutela delle cose di
interesse storico e artistico), o inclusi nelle categoria catastali A/1
(abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e
palazzi di eminente pregio artistico e storico) che sono sottoposti
esclusivamente alla disciplina contenuta negli artt. 1571 e segg. Cod. civ.,
qualora non vengano stipulati secondo le modalità previste dall’art. 2, comma
3, della legge di riforma;
(b) gli alloggi di edilizia residenziale pubblica,
per i quali trovano applicazione le apposite norme vigenti, statali e regionali;
(c)
gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche. Inoltre, le
disposizioni di cui agli artt. 2,3,4,7 e 13 della legge di riforma non si
applicano neppure ai contratti stipulati dagli enti locali in qualità di
conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio (art. 1
comma 3), per i quali trovano applicazione le disposizioni contenute nel codice
civile (artt. 1571 e segg.); si specifica, inoltre, che ad essi non si applica
neppure l’art. 56 della legge 392/1978 (sulle modalità per il rilascio).
Necessità della forma scritta
La stipula di un contratto di locazione di immobili ad uso
abitativo richiede sempre e tassativamente un accordo redatto per iscritto.
L’art. 1, comma 4, infatti, stabilisce espressamente che, a decorrere
dall’entrata in vigore della legge di riforma, qualunque contratto di locazione
deve essere stipulato in forma scritta.
I tipi di contratto
L’art. 1, comma 1, della legge di riforma, stabilisce che
i tipi di contratto di locazione di immobili ad uso abitativo possono essere
stipulati o rinnovati, successivamente alla data di entrata in vigore della
legge, secondo le modalità che sono indicate nei commi 1 e 3 dell’art. 2.L’art.
2 della legge di riforma prevede infatti che, per la stipula e la rinnovazione
dei contratti di locazione, si può fare ricorso a due diversi tipi di
contratto:
1. si possono stipulare contratti riguardo ai quali le parti sono
libere di determinare nel modo che preferiscono tutti gli elementi (compreso il
canone), a esclusione però della durata che non deve essere inferiore a 4 anni,
decorsi i quali, i contratti sono rinnovati per un periodo di altri 4 anni;
2.
oppure si possono stipulare contratti riguardo ai quali le parti possono
definire il valore del canone, la durata del contratto e le altre condizioni
contrattuali sulla base di quanto viene stabilito in appositi accordi definiti
in sede locale tra le organizzazioni della proprietà edilizia e le
organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative, che hanno predisposto
appositi contratti-tipo; indipendentemente da quanto verrà stabilito nei
contratti-tipo dalle organizzazioni dei proprietari e dalle organizzazioni dei
conduttori, è previsto comunque un limite minimo di durata anche per questi
contratti che è (ad esclusione soltanto dei contratti per locazione di natura
transitoria, ai sensi dell’art. 5) di 3 anni, con proroga di diritto per altri
2 anni.
Come si vede, in questi due tipi di contratto si ritrovano alcuni
elementi tipici degli abrogati patti in deroga del 1992. Infatti, nei contratti
a canone libero e durata vincolata è previsto il rinnovato diritto delle parti
di determinare liberamente la misura del canone e gli altri elementi del
contratto ad eccezione della durata, che resta fissata in 4 anni (più altri 4
alla scadenza, salvo i limitati e tassativi casi in cui al locatore è
attribuita la facoltà di diniego di rinnovo). Sempre in relazione a essi la
legge di riforma riconosce alle parti contraenti di avvalersi dell’assistenza
delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori (nella
disciplina del 1992 veniva previsto un vero e proprio obbligo per le parti di
farsi assistere nella stipula da tali organizzazioni, come condizione di
validità per il patto in deroga, obbligo che poi era stato dichiarato
incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza N. 309/1996). Nei
contratti con durata minore e canone “calmierato”, invece, si ritrova
l’elemento degli accordi stipulati dalle associazioni di categoria, che vengono
definiti contratti-tipo dalla legge di riforma, così come in passato erano
stati chiamati contratti-tipo gli accordi sottoscritti fra le associazioni
rappresentative dei proprietari e degli inquilini per fornire alle parti un
modello da utilizzare nella stipula del patto in deroga. Sempre in relazione a
essi vi è un ulteriore elemento caratteristico della disciplina del 1992
rappresentato dalla proroga biennale che opera di diritto quando, alla prima
scadenza del contratto, le parti non raggiungono un accordo sul rinnovo dello stesso.
Gli incentivi fiscali
Per spingere i proprietari a stipulare contratti di
locazione del secondo tipo (quelli con durata di 3 anni con proroga biennale,
alla scadenza, e con canone “calmierato”) gli artt. 8-10 della legge di riforma
prevedono alcune agevolazioni di carattere fiscale in modo da compensare i
locatori che accettano canoni minori rispetto a quelli di mercato. Agevolazioni
fiscali sono previste anche a favore dei conduttori meno abbienti.
Opportunamente si sposta l’onere relativo alle situazioni, temporanee o
permanenti, di indigenza dei conduttori (che meritano protezione e devono
essere tutelate dallo Stato) da chi si trova a essere il locatore di queste
persone all’intera comunità.
La rinnovazione dei contratti
La disciplina sulla durata dei contratti previsti
dall’art. 2, comma 1 (per i quali le parti sono libere di determinare come
preferiscono qualunque elemento ad esclusione della durata che non può essere
inferiore a 4 anni, con rinnovo alla scadenza per un periodo di altri 4 anni) ripropone
il meccanismo che era già previsto dalla legge 392/1978. Si prevede che tali
contratti siano automaticamente rinnovati per un periodo di 4 anni, fatti salvo
i casi in cui il locatore intenda adibire l’immobile agli usi o effettuare
sullo steso le opere indicate dal successivo art. 3 (uso abitativo o
commerciale o artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori,
dei figli o dei parenti; finalità pubbliche, sociali, mutualistiche e simili,
perseguite dal locatore persona giuridica, società o ente pubblico;
disponibilità di altro alloggio libero nel medesimo comune da parte del
conduttore; quando l’immobile si trova in un edificio gravemente danneggiato
che deve essere ricostruito; quando lo stabile deve essere integralmente
ristrutturato o radicalmente trasformato oppure si vogliono costruire
sopraelevazioni; se il conduttore non occupa l’immobile in modo continuativo;
in caso di vendita dell’immobile locato a terzi) o i casi in cui il locatore
voglia vendere l’immobile alle condizioni e con le modalità previste dallo
stesso art. 3. Alla seconda scadenza del contratto ciascuna delle parti può
dare inizio alla procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia
al rinnovo del contratto inviando all’altra parte una raccomandata almeno 6
mesi prima della scadenza. In caso di mancanza della comunicazione il contratto
si intende rinnovato tacitamente alle condizioni precedenti.
L'assistenza delle organizzazioni
La disciplina del 1992 imponeva alle parti che volevano
stipulare i patti in deroga l’onere di avvalersi dell’assistenza delle
organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori. Questo aspetto fu
assai contestato, fino a che la Corte Costituzionale nel 1996 ha dichiarato
illegittimo tale onere. Adesso la legge di riforma ne riconosce la facoltà per
le parti, con previsione che appare superflua perché tale facoltà sarebbe stata
legittima anche se la legge non l’avesse specificata. L’obbligo di assistenza
si deve intendere come una mera facoltà per entrambe le parti interessate alla
stipula del contratto di locazione (o anche per una soltanto di loro), così
come le stesse possono fare ricorso ad un consulente (avvocato, notaio ecc.).
In concreto, l’assistenza delle organizzazioni dei proprietari e dei conduttori
dovrebbe rappresentare un aiuto alle parti per quanto riguarda le clausole che
le stesse intendono inserire nel contratto e per la materiale mediazione
dell’atto (oltre che per la realizzazione di ulteriori adempimenti previsto
dalla legge, come la registrazione dell’atto).
I contratti tipo
La legge di riforma introduce una figura nuova di
contratto costituita dagli accordi per i quali le parti si devono basare su
contratti-tipo definiti in sede locale tra le organizzazioni della proprietà
edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. La
legge prevede che anche i Comuni devono intervenire per favorire la formazione
dei contratti-tipo, sia convocando le organizzazioni della proprietà edilizia e
quelle dei conduttori maggiormente rappresentative per definire il testo dei
contratti-tipo (art.2, comma 3), sia deliberando agevolazioni di carattere
fiscale, come la riduzione dell’ICI (art. 2, comma 4). Sempre ai fini di
favorire la realizzazione di accordi fra proprietari e conduttori si è previsto
inoltre l’intervento del Ministero dei lavori pubblici, che ha assunto il
compito di convocare una conferenza nazionale delle organizzazioni della
proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente
rappresentative. La convenzione nazionale opera secondo le modalità che vengono
specificate dall’art. 4 della legge di riforma per individuare i criteri
generali per la definizione dei canoni, anche in relazione alla durata dei
contratti, alla rendita catastale dell’immobile e agli altri parametri
oggettivi, e delle modalità per garantire particolari esigenze delle parti.
Sempre lecito nutrire qualche dubbio intorno a questi contratti-tipo, perché
facendo ricorso al meccanismo dei contratti-tipo di fatto si perviene al
risultato di sostituire all’autonomia decisionale delle parti coinvolte in
concreto nella stipula del contratto dei locazione, l’autonomia decisionale
delle organizzazioni di categoria; lo scopo del ricorso a questo meccanismo è
(o dovrebbe essere) quello di offrire sia al locatore che al conduttore un
punto di riferimento e un supporto per la stipula del contratto, ma è evidente
che in tal modo si arriva a sottrarre del tutto all’una e all’altra parte il
potere di decidere quali elementi inserire nel contratto. Le previsioni dei contratti-tipo
saranno in pratica obbligatorie per le parti che vogliono assicurarsi i
vantaggi del contratto col canone calmierato, con la durata ridotta e
usufruendo degli incentivi fiscali.
La disdetta
Il conduttore, come in passato, riceve anche adesso una
tutela maggiore rispetto a quella attribuita al locatore. Infatti, qualora
ricorrano gravi motivi, il conduttore può recedere in qualsiasi momento dal
contratto; deve soltanto darne comunicazione al locatore con preavviso di 6
mesi. Il locatore, invece, alla prima scadenza sia dei contratti disciplinati
dall’art. 2, comma 1, sia di quelli disciplinati dall’art. 2, comma 3, può
avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, ma soltanto in
alcuni casi espressamente indicati nell’art. 3, comma 1, lett. da (a) a g; a
tal fine egli deve darne comunicazione al conduttore con preavviso di almeno 6
mesi.
Locazioni di natura transitoria
Le locazioni di natura transitoria sono disciplinate in
modo specifico dall’art. 5.. La disciplina delle condizioni e delle modalità
per la stipula delle locazioni transitorie è stata definita in sede di
convenzione nazionale. In relazione ai contratti relativi alle esigenze
abitative degli studenti universitari si prevede la possibilità di fare
riferimento ad appositi contratti-tipo, definiti da accordi locali promossi dai
comuni sede di università o corsi universitari.
Il rilascio degli immobili
Assai importante è la nuova disciplina sul rilascio degli
immobili, che risolve, finalmente, alcuni rilevanti problemi. La competenza a
occuparsi del rilascio ritorna al pretore che provvede con decreto impugnabile
davanti al tribunale. Cessa quindi la competenza a graduare gli sfratti delle
commissioni prefettizie. Non cessano, invece, le sospensioni dell’esecuzione
degli sfratti che vanno avanti da anni, ma questa dovrebbe essere l’ultima
sospensione. Infatti, si stabilisce che per i comuni ad alta densità abitativa
le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione sono sospese
per 180 giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge. In
questo periodo le parti possono avviare trattative per la stipula di un nuovo
contratto secondo le modalità previste dalla legge di riforma, ma se non
pervengono a un accordo, trascorso tale termine, i conduttori possono chiedere
una ultima proroga al pretore per un tempo massimo di 6 mesi. Il differimento
delle esecuzioni può però raggiungere i 18 mesi in casi particolari in cui il
conduttore si trova in situazioni meritevoli di tutela che vengono specificate
dalla legge (anziani, famiglie numerose ecc.). La legge di riforma stabilisce
anche le modalità per determinare le somme dovute dal conduttore durante i
periodi di sospensione delle esecuzioni (una somma mensile pari all’ultimo
canone, al quale ogni anno si applicano automaticamente aggiornamenti in misura
pari al 75% dell’indice ISTAT; e su tale importo si applica, infine, una
maggiorazione del 20%; inoltre, sono dovuti gli oneri accessori). Si prevede
espressamente che il pagamento di questa somma esime il conduttore dall’obbligo
di risarcire il maggior danno e così vengono superati tutti i problemi, per il
locatore, di provare il danno dovuto al rilascio ritardato da parte del
conduttore. Va notato che per spingere il locatore a ottemperare agli obblighi
fiscali si pone, come condizione per la messa in esecuzione del provvedimento
di rilascio dell’immobile, l’esatto adempimento degli obblighi fiscali,
mediante la dimostrazione che il contratto di locazione è stato registrato, che
l’immobile è stato denunciato ai fini dell’applicazione dell’ICI e che il
reddito derivante dall’immobile è stato dichiarato ai fini dell’applicazione
delle imposte sui redditi.
Patti contrari alla legge
Come per il regime precedente si sancisce la nullità delle
pattuizioni stipulate dalle parti che si pongono in contrasto con qualcuna
delle previsioni contenute nella legge di riforma e si prevede che il
conduttore, entro 6 mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può chiedere la
restituzione delle somme corrisposte in misura superiore, a seconda dei casi,
al canone indicato nel contratto oppure a quello massimo definito dagli accordi
raggiunti dalle associazioni dei proprietari e dei conduttori. Il conduttore
può anche agire per ottenere la riconduzione del contratto alle condizioni previste
dalla legge.
L'abrogazione delle norme
Non tutte le norme della legge dell’equo canone vengono
abrogate, come si è visto, ma solo quelle che riguardano le locazioni
abitative. La legge sui patti in deroga, invece, è stata effettivamente
abrogata, anche se le sue prescrizioni principali rivivono nella nuova legge.
Per quanto riguarda i contratti di locazione già stipulati e i giudizi pendenti
la legge di riforma stabilisce che ai contratti, per la loro intera durata, ai
giudizi in corso alla data di entrata in vigore della nuova legge, continuano
ad essere applicate, ad ogni effetto, le disposizioni normative in materia di
locazioni vigenti prima di tale data.
L'abolizione delle imposte in
caso di morosità
Va infine notata un’ultima importante misura prevista
dalla legge di riforma a favore del locatore. Si prevede (art. 8, comma 5)
l’abolizione dell’obbligo di versare le imposte anche nel caso in cui il
conduttore sia moroso. Ciò però avviene soltanto al momento della conclusione
del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del
conduttore.
Cosa cambia con le nuove norme
Con la riforma delle locazioni arriva un doppio canale:
contratto libero (tranne che per la durata minima di 4 anni più altrettanti
di rinnovo) o contratto-tipo, conforme ai modelli elaborati in sede locale
dalle organizzazioni della proprietà e degli inquilini, della durata di 3
anni più 2. Questa seconda tipologia di locazione, consentirà inoltre di
accedere a sconti sulle imposte sui redditi, registro, ICI.
Due tipi di contratto
La legge di riforma prevede infatti due tipi di
contratto: 1) contratti in relazione ai quali le parti sono libere di
determinare nel modo che preferiscono qualunque elemento (compreso il canone),
a esclusione soltanto della durata che non deve essere inferiore a quattro
anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di altri
quattro anni (art. 2, comma 1); 2) contratti in relazione ai quali le parti
possono definire il valore del canone, la durata del contratto e altre
condizioni contrattuali sulla base di quanto verrà stabilito in appositi
accordi definiti in sede locale tra le organizzazioni della proprietà
edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative che
provvederanno a predisporre appositi accordi, che vengono chiamati dalla
legge contratti-tipo (art. 2, comma 3). Va notato che, indipendentemente da
quanto sarà stabilito nei contratti-tipo dalle organizzazioni dei conduttori,
è previsto comunque un limite minimo di durata anche per questi contratti che
è (a esclusione soltanto dei contratti per locazioni di natura transitoria,
ai sensi dell'art. 5) di tre anni, con proroga di diritto per altri due anni
(art. 2, comma 5). Per spingere le parti a stipulare contratti di locazione
del secondo gruppo la legge di riforma prevede specifiche agevolazioni di
carattere fiscale (art. 8/10).
Che cosa succede alla prima scadenza
La disciplina sulla durata dei contratti liberi
(regolati dall'art. 2, comma 1) ricalca il meccanismo previsto dalla legge n.
392/1978. Infatti la seconda parte dell'art. 2, comma 1, prevede che i
contratti liberi siano automaticamente rinnovati per un periodo di quattro
anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l'immobile agli
usi o effettuare sullo stesso le opere indicate dal successivo art. 3 (uso
abitativo o commerciale o artigianale o professionale proprio, del coniuge,
dei genitori, dei figli o dei parenti; finalità pubbliche, sociali,
mutualistiche e simili, perseguite dal locatore persona giuridica, società o
ente pubblico; disponibilità di altro alloggio libero nel medesimo comune da
parte del conduttore; quando l'immobile si trova in un edificio gravemente
danneggiato che deve essere ricostruito; quando lo stabile deve essere
integralmente ristrutturato o radicalmente trasformato oppure si vogliono
costruire sopraelevazioni; se il conduttore non occupa l'immobile in modo
continuativo; in caso di vendita dell'immobile locato a terzi) oppure voglia
vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità previste dallo stesso
art. 3. Affinché valga la durata "corta" della locazione, non ci si
può mettere d'accordo subito, alla firma del contratto. Bisogna che il
proprietario invii all'inquilino una disdetta, meglio se per raccomandata con
ricevuta di ritorno. Sulla lettera di disdetta deve essere specificato in
modo chiaro e dettagliato il motivo, tra quelli sopra elencati, per cui si
disdice il contratto. La disdetta va inviata almeno sei mesi prima della prima
scadenza. Cioè prima che siano passati, dall'inizio della locazione, 3 anni e
sei mesi (se il contratto è a canone libero) oppure due anni e sei mesi (se
il contratto è a canone regolamentato). Qualche padrone di casa potrebbe
tentare di fare il furbo per riottenere la disponibilità della casa, per
esempio dichiarando che deve andare ad abitarci o deve venderla, anche quando
ciò non è vero. In tal caso rischia grosso. Se entro 12 mesi da quando ha
ricevuto indietro l'alloggio non mette in pratica quanto ha dichiarato, può
essere costretto a risarcire all'inquilino ben 3 anni di canone. Alla seconda
scadenza del contratto ciascuna delle parti può attivare la procedura per il
rinnovo del contratto inviando all'altra parte una raccomandata almeno sei
mesi prima della scadenza. In caso di mancanza della comunicazione il
contratto si intende rinnovato tacitamente alle stesse condizioni. Recesso
libero dell'inquilino. L'inquilino può recedere in qualsiasi momento dal
contratto, quando ricorrono gravi motivi (non codificati). E' soggetto
esclusivamente all'obbligo di darne preavviso sei mesi prima.
Assistenza delle organizzazioni
Facoltativa nella stipula del contratto libero
Patti contrari alla legge
La legge di riforma stabilisce inoltre alcuni casi di
nullità dei patti stabiliti contrattualmente o verbalmente fra le parti,
individuandone le rispettive conseguenze.
Il procedimento esecutivo
A)Pendenza del provvedimento esecutivo
Si tratta del
periodo che intercorre tra la data di cessazione del contratto e quella
fissata per l'esecuzione, ai sensi dell'art. 56 della legge sull'equo canone,
di rilascio ovvero da quest'ultima in poi sino all'ultimo rinvio a opera
dell'ufficiale giudiziario. Entro comunque i sei mesi di sospensione, che
possono comprendere o meno l'ultima data fissata dallo stesso ufficiale
giudiziario, le parti, locatore o conduttore, avviano a mezzo raccomandata
con avviso di ricevimento, le trattative per la stipula di un nuovo
contratto, in base agli schemi fissati dalla stessa legge. La facoltà è data
a entrambe le parti per quanto riguarda l'avvio delle trattative, che possono
prolungarsi per tutto il periodo di sei mesi di sospensione. Mai l'una o
l'altra, ricevuta la proposta, possono non dar corso al nuovo contratto.
Occorre la prova del mancato accordo? No. La mancata risposta prelude a un
mancato consenso per un nuovo contratto. Infatti, secondo il disposto del
comma 2 è affidata alla mera ed eventuale volontà delle parti la stipula di
un nuovo contratto né la legge impone un obbligo a contrarre né sanziona il
mancato avvio della trattativa ovvero la mancata risposta alla richiesta di
trattativa. Unico limite è il decorso di sei mesi fissati. Trascorso questo
termine, l'inquilino interessato potrà chiedere, entro 30 giorni da tale
scadenza, al pretore del luogo in cui l'immobile è ubicato (art. 26.1 cpc)
che sia fissato nuovamente il termine per l'esecuzione. Il termine va
rifissato dopo l'intervenuta sospensione, sia esso quello in precedenza
fissato dallo stesso pretore in base all'art. 56 ovvero quello, più volte
rifissato, dall'ufficiale giudiziario.
B) Provvedimento con un titolo
diverso dalla finita locazione
Abbiamo sopra fatto riferimento alla morosità.
Ma altri provvedimenti esecutivi potrebbero essere in corso: tipico quello
della necessità del locatore fatta valere alla cessazione del primo
quadriennio per un contratto stipulato, con patto in deroga. Oppure a seguito
di cessazione di comodato o intervenuto a seguito di conciliazione
giudiziale. E' vero che la prevista sospensione delle esecuzioni per un
periodo di sei mesi è volta unicamente per favorire la stipula di un nuovo
contratto, ma è altrettanto vero che la legge fa specifico riferimento ai
provvedimenti esecutivi di rilascio con la sola motivazione dello scadere del
termine finale. Non quindi nel caso di disdetta (o recesso
motivato).
C) Provvedimenti di rilascio emessi dopo l'entrata in
vigore
Sempre per le esecuzioni, che hanno quale base la finita locazione e
per le quali è stato emesso un provvedimento (di convalida o di merito) dopo
la data di entrata in vigore della nuova legge, il conduttore può chiedere,
una sola volta, al pretore, che sia nuovamente fissato il giorno
dell'esecuzione entro un termine di sei mesi. Conseguenza: nel mese di
febbraio 1999, per esempio, il pretore convalida la finita locazione per la
data del 30 giugno 1999 e fissa l'esecuzione al 31 dicembre 1999. Prima di
quest'ultima data, il conduttore può chiedere al pretore la fissazione di una
nuova data entro il termine massimo di ulteriori sei mesi. Quest'ultimo
termine può essere fissato sino a 18 mesi quando il conduttore:
1.abbia compiuto 65 anni di età;
2.abbia cinque figli o più a carico;
3.sia iscritto nelle liste di mobilità;
4.percepisca un trattamento di disoccupazione o di integrazione
salariale;
5.sia formalmente assegnatario di alloggio di edilizia
residenziale pubblica ovvero di ente previdenziale o assicurativo;
6.sia prenotatario di alloggio cooperativo in corso di
costruzione;
7.sia acquirente di alloggi in costruzione;
8.sia proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato
azione di rilascio;
9.se il conduttore o uno dei componenti il nucleo familiare,
convivente con lo stesso da almeno sei mesi, sia un portatore di handicap o
malato terminale.
D) L'aumento del canone
Durante tutto il periodo della
sospensione (fissato dalla legge e, successivamente, dal pretore) l'inquilino
è tenuto a corrispondere una somma mensile pari al canone dovuto alla data di
cessazione del contratto , maggiorato con applicazione automatica dell'indice
ISTAT (nel limite del 75%). Su tale importo si applica il 20%. Sono inoltre
dovuti gli oneri accessori. Il detto (nuovo) canone si applica durante la
sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di finita locazione (art. 6.1).
E gli altri, aventi un titolo diverso, come anticipato, non sono soggetti a
sospensione.
E) Condizioni per la messa in esecuzione del
provvedimento di rilascio
La legge (art. 7) ha posto alcune condizioni
per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio (e qui la dizione,
generica, comprende tutti i tipi di provvedimenti giudiziali; finita
locazione, morosità, necessità, inadempimento ecc.). La prima consiste nella
dimostrazione che il contratto di locazione è stato registrato; la seconda
che l'immobile è stato denunciato ai fini dell'applicazione dell'ICI e la
terza, che il reddito derivante dall'immobile medesimo sia stato dichiarato,
ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi. Ai fini della predetta
dimostrazione nell'atto di precetto (e non nel preavviso di sloggio), devono
essere indicati gli estremi di registrazione del contratto di locazione, gli
estremi dell'ultima denuncia dell'unità immobiliare alla quale il contratto
si riferisce ai fini dell'applicazione dell'ICI, gli estremi dell'ultima
dichiarazione dei redditi nella quale il reddito derivante dal contratto è
stato dichiarato, nonché gli estremi delle ricevute di versamento dell'ICI
relative all'anno precedente a quello di competenza. L'impostazione data
presenta dubbi di incostituzionalità per violazione dell'art. 24 della
Costituzione italiana ("Tutti possono agire in giudizio per la tutela
dei propri diritti") per cui il contratto registrato non può essere
condizione per l'azione esecutiva, ma soltanto oggetto di valutazione del
giudice civile come prova della locazione e oggetto di eventuale sanzione
tributaria per l'omessa registrazione. E analoga sanzione incorre colui che
non ha provveduto al versamento dell'ICI o alla dichiarazione del reddito. Il
controllo non è svolto dall'ufficiale giudiziario, nemmeno dal pretore: è il
conduttore che chiede al magistrato la fissazione del giorno dell'esecuzione
dopo il periodo di sospensione di 180 giorni, che decorrono dall'entrata in
vigore della legge, e non il locatore. E anche per i provvedimenti di
rilascio per una data successiva alla legge, è sempre il conduttore a
chiedere, "per una sola volta", la proroga. Dovrà lo stesso
conduttore proporre opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 615
cpc, in mancanza delle annotazioni di cui sopra o di annotazioni errate o per
atti mai compiuti.
1.mirano al sostegno degli inquilini con redditi più bassi; Le agevolazioni fiscali Meno IRPEF sui canoni di locazione delle città più popolose e sugli affitti non incassati, aliquote ICI differenziate per colpire le abitazioni sfitte e favorire quelle locate nel rispetto della legge, sconti nel modello unico anche per gli inquilini meno abbienti. Le regole fiscali sono di carattere agevolativo e si muovono in due direzioni:
2.nel contempo e più in generale cercano di incentivare il
settore del mercato privato.
Meno IRPEF per i proprietari
L'esigenza di concedere
maggiori sfoghi al mercato delle locazioni private delle abitazioni è sentito
soprattutto nei comuni a maggiore tensione abitativa. Proprio con riferimento
a questi territori la riforma delle locazioni concede un regime fiscale
agevolato per gli immobili in tali zone (come vedremo l'agevolazione concerne
sia l'IRPEF che l'imposta di registro). Per quanto concerne l'imposta sul reddito
delle persone fisiche l'agevolazione comporta la concessione di un ulteriore
deduzione pari al 30% sul reddito imponibile derivante dai canoni di
locazione. Già oggi l'articolo 34 del Tuir concede una riduzione del reddito
derivante dalle locazioni pari al 15% del canone (salvo i fabbricati siti in
Venezia e Burano in cui già oggi è previsto uno sconto pari al 25% del
canone). Con l'entrata in vigore delle nuove regole i proprietari che
potranno godere delle nuove agevolazioni avranno la possibilità di cumulare i
due sconti (con una deduzione complessiva del 40,5%). Sempre in presenza
delle condizioni previste dall'art. 8 della riforma, il corrispettivo annuo,
che in condizioni ordinarie deve essere assoggettato ad imposta di registro
per l'intero ammontare con l'aliquota del 2%, può invece essere ridotto a
tali fini del 30% così da sottoporre a tassazione solo il 70% del
corrispettivo annuo. Per godere di questi sconti devono però essere
soddisfatte le seguenti condizioni:
1.l'immobile locato deve essere situato in uno dei comuni ad
alta densità abitativa;
2.il contratto di locazione deve essere stipulato dal
proprietario e dal conduttore in ossequio dei contratti-tipo definiti in sede
locale. Un'altra condizione decisiva ai fini dell'ottenimento dello sconto è
quella che prevede che il locatore indichi nella dichiarazione dei redditi:
3.gli estremi di registrazione del contratto di locazione;
4.gli estremi della denuncia dell'immobile ai fini ICI.
Agevolazioni per gli inquilini Un provvedimento successivo alla legge di riforma (in base al disposto dell'art. 10 della legge stessa) prevede inoltre agevolazioni fiscali a favore dei conduttori meno abbienti. Le suddette agevolazioni sono concesse ai conduttori intestatari di contratti di 3 ani + 2, che abbiano per oggetto un immobile destinato ad abitazione principale del conduttore stesso e della sua famiglia. L'agevolazione consiste in una vera e propria detrazione, cioè in uno sconto sull'IRPEF dovuto dal conduttore all'erario e l'entità di tale detrazione varia in base al reddito percepito dal conduttore.
Sfratti eseguibili solo se si pagata l'ICI
L'articolo 7
del provvedimento cerca di porre rimedio a un'altra delle problematiche
maggiormente presenti nella situazione attuale, ovverosia alle difficoltà
oggettive di riuscire a ottenere l'esecuzione del provvedimento di rilascio degli
immobili. Almeno nelle intenzioni del legislatore le procedure previste
risultano semplificate e più celeri rispetto a quelle ordinarie e dovrebbero
dunque risvegliare l'interesse delle controparti e soprattutto di coloro i
quali concedono in locazione l'immobile. La messa in esecuzione del
provvedimento di rilascio (in pratica l'atto con cui si ottiene il via libera
per riottenere la disponibilità dell'immobile) è subordinata a precise
condizioni che cercano di garantire l'adempimento degli obblighi tributari.
Per ottenere la messa in esecuzione occorre dimostrare infatti:
1.che il contratto di locazione è stato registrato;
2.che l'immobile è stato denunciato ai fini ICI;
3.che il reddito dell'immobile è stato dichiarato ai fini IRPEF.
E la norma prevede che tale
dimostrazione della buona condotta fiscale si ottiene indicando nel precetto
di cui all'art. 480 del codice di procedura gli estremi di registrazione del
contratto, gli estremi dell'ultima denuncia ICI e le ricevute delle ricevute
dell'ultimo anno di versamento, nonché gli estremi dell'ultima dichiarazione
dei redditi nella quale il reddito derivante dal contratto è stato indicato.
Niente IRPEF per i canoni non incassati Fino a oggi, ai sensi delle regole contenute nel TUIR, i canoni di locazione concorrevano a formare il reddito imponibile indipendentemente dalla loro percezione: vi era una sorta di regola eccezionale rispetto a quella ordinaria che porta a tassare i redditi in capo alle persone fisiche solo se, e nel momento in cui, gli stessi sono incassati. La riforma delle locazioni interviene anche su questo punto: viene stabilito infatti che i canoni non corrisposti per morosità comprovata del conduttore potranno sfuggire alla tassazione in capo al proprietario dell'immobile. La regola oggi fissata in tema di tassazione dei redditi immobiliari è quella che prevede l'obbligo di dichiarazione degli stessi (e la conseguente tassazione) indipendentemente dalla loro percezione. Se, per esempio, un proprietario ha concesso in locazione un immobile per un canone annuo di 1 milione, l'intero importo (salvo le deduzioni previste dalla legge) deve essere assoggettato a tassazione sia nel caso di incasso che nel caso di mancato incasso. Le nuove regole arrivano a temperare tale situazione. Si stabilisce infatti che i canoni non percepiti non concorrono a formare la base imponibile a partire dalla conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. In pratica nel caso di inquilino moroso qualora ciò sia accertato giudizialmente i canoni non percepiti possono non essere inseriti nel modello unico. Qualora ciò (l'assoggettamento a tassazione) dovesse già essere intervenuto viene riconosciuto un credito d'imposta pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti. Il mancato percepimento degli stessi deve essere accertato anch'esso in via giudiziale nel corso del procedimento di convalida di sfratto per morosità.
Comuni sempre più liberi sull'ICI
La legge di riforma
delle locazioni degli immobili a uso abitativo amplia i poteri degli enti
comunali circa la determinazione delle aliquote ICI. Seguendo una linea ormai
tracciata da tempo, anche con riguardo al comparto delle locazioni
immobiliari abitative, viene data la possibilità ai comuni di intervenire in
tema di aliquote ICI attuando una sorta di politica del territorio
agevolativa nei confronti dei proprietari che si adegueranno ai contratti
standard di locazione. Sono due le forme contrattuali previste dalla riforma:
1.la prima che concede ampia libertà alle parti di pattuire
tutte le condizioni contrattuali;
2.la seconda invece che fa espresso riferimento alle clausole
standard contenute "in appositi accordi definiti in sede locale fra le
organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori
maggiormente rappresentative che provvedono alla definizione dei
contratti-tipo".
Il legislatore ha subito fatto intuire la sua preferenza
per la seconda forma contrattuale ricollegando alla stessa delle agevolazioni
di tipo fiscale. Come espresso chiaramente nel testo normativo (l'art. 2
comma 4 dispone testualmente "per favorire la realizzazione degli
accordi di cui al comma 3" ovverosia la stipula di contratti in sintonia
con quelli tipo) i comuni proprio per incentivare le parti (proprietari e
inquilini) a stipulare i contratti in linea con quanto definito dalle
associazioni di categoria, hanno la possibilità di riconoscere in questi casi
trattamenti di favore in tema di Imposta comunale sugli immobili. Gli enti
locali possono infatti anche derogare alle aliquote minime imposte dal testo
attuale del dlgs. 504/92 e potranno sempre farlo qualunque sarà il limite
minimo imposto dalla legge ICI al momento in cui saranno assunte le delibere
necessarie. La norma dunque lascia ampia libertà ai comuni che a tutt'oggi
godono già in tema di ICI di ampi spazi di manovra. Attualmente è data la
possibilità ai comuni di stabilire l'aliquota dell'imposta sugli immobili
entro una griglia che oscilla dal 4 al 7 per mille e la libertà concessa agli
stessi è tale da permettere l'effettuazione di una vera e propria politica
del territorio. Ora le nuove regole consentono di oltrepassare il limite minimo
dell'aliquota per quegli immobili oggetto di contratti redatti e stipulati
seguendo le linee tracciate dai contratti-tipo. Ma i poteri dei comuni sono
anche di segno opposto, ovverosia vi è la possibilità di innalzare l'aliquota
rispetto a quella massima per gli immobili non locati per i quali non
risultano essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni.
La possibilità trova però due limiti:
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